Il 5 ottobre 2024 è morto l’89enne pittore estense Giorgio Trevisan, il disegnatore dei Santi e (quasi santo anche lui). Così raccontava la sua vita qualche tempo fa…
La Leggenda del “Santo” illustratore
Parole e disegni di Giorgio Trevisan, l’iracondo che incontrò lo Spirito Santo
di Gabriele Scotolati
«Ero considerato un pericolo pubblico dai mariti estensi… finché il 16 febbraio 1986 un insegnante di ragioneria mi diede un libro, “L’ora dello Spirito Santo” di Serafino Fulvo, dove si parlava di conversione».
Il resto del racconto di vita di Giorgio Trevisan si può intuire dalla sua trasfigurazione fisica.
Se la foto non basta… (e nella foto non sembra S. Giuseppe?) è impossibile sottrarsi alla sua seducente, ispirata narrazione.
«Sono un chierichetto di oltre 80 anni, servo messa… e a casa organizzo gruppi di preghiera. Ho avuto degli incredibili segni dalla Provvidenza e ora mi rendo utile come posso, da classico “servo inutile”, anche osteggiato e considerato “strano” e “matto” da molti, ma la tecnica del perdono che il Signore mi ha insegnato è questa: riempirmi della Sua presenza e traboccare, amare tutti comunque. Perché quando lo Spirito Santo entra in una persona, prima c’è la botta poi la ristrutturazione… Lo Spirito è la potenza che scende dall’alto e ti trasforma; mi ha obbligato a controllare il mio carattere, a modificarmi, a cambiare tipo di vita, a diffondere gioia, non dolore, rabbia o rassegnazione».
Chi era Giorgio Trevisan prima della conversione?
Un iracondo, diceva di se stesso, nato a Merano in mezzo ai tedeschi, di famiglia borghese, con addosso la voglia di fare il pittore, senza studi appropriati, senza maestri, ma affascinato dalle figure.
«Per me il disegno era celebrazione, mi suggestionava particolarmente la bellezza delle illustrazioni contenute nell’“Enciclopedia dei Ragazzi” edita in Italia nell’anteguerra da Mondadori, ma di fattura inglese».
Dopo 20 anni di Merano, dopo un tentativo fallito di università a Milano, la capitale del nord diventò però per Trevisan e per sette anni (tramite, dice lui, qualche “provvidenziale” incontro) meta di inusuale lavoro.
Far fumetti. Meglio, fare le matite di fumetti inchiostrati da altri (Carlo Porciani e Renzo Calegari, nomi non ignoti ai cultori del genere) per lo studio di Rinaldo Dami e per gli… “stramaledetti”, ma per lui e per tanti altri, “strabenedetti” e ben paganti inglesi.
I quali affidavano i loro racconti di guerra molto partigiani (nel senso che vincevano sempre loro) a disegnatori italiani che potevano vederseli ripubblicati in patria solo qualche anno dopo e costituire un fenomeno editoriale d’incredibile successo negli anni ’60, il genere bellico con la mitica “Collana Eroica”, quasi tutte storie illustrate da italiani su testi inglesi con vittorie inglesi, ovvero, come la stampa a fumetti pacificò la storia, ma a questa è appunto un’altra storia…
L’avventura umana di Giorgio Trevisan, invece, continuò sul finire degli anni ’50 con intense collaborazioni (copertine ed interi paginoni centrali) per il “Corriere dei Piccoli”, e i suoi soldatini, corridori e calciatori posti in prima pagina divennero i primi feticci sportivi per i bambini già tifosi del tempo, come la sua “Storia d’Italia”, coloratissima, a due pagine per volta (con didascalie esplicative al di sotto) sicuramente era preferibile a quella proposta dai pedanti sussidiari troppo scolarizzati e scarsamente illustrati.
Dal 1963, e ora sono sessantanni, Trevisan viveva ad Este; non era la Terra Promessa e non fu subito il paradiso, ma quasi subito (e tramite un altro “convertitore”, il giornalista Gianni Brunoro) poté essere introdotto presso il “Messaggero dei Ragazzi” dei frati Antoniani di Padova e posto a realizzare un album devozionale a fumetti con la storia dei pastorelli di Fatima.
Fu il primo approccio col sacro illustrato per successive serie basate sulle vite esemplari di Madre Teresa di Calcutta, Santa Francesca Cabrini, Raul Follereau, l’Abbé Pierre, Martin Luther King, Santa Chiara d’Assisi…
Fu un inizio di conversione?
«Non proprio. Con la religione avevo un rapporto superficiale, non del tutto convinto. Parallelamente portavo avanti anche la mia attività di pittore partecipando a numerose mostre in giro per l’Italia e ottenendo anche più di qualche premio, più di qualche riconoscimento… ma io mi considero un pittore prestato all’illustrazione che non disdegna il fumetto, piccola grande arte popolare del poter comunicare visivamente con tutti.
Ora credo più nella parola che nella pittura, perché è la parola di Dio e in quanto alla pittura… Dio me ne guardi da questo mondo dell’arte-mercato dell’apparenza ingannatrice ricolma di astuti mercanti, parolai prezzolati, supponenti galleristi e ambiziosi arrivisti. Continuo a far quadri lo stesso, al di fuori dai circuiti mercificati e per chi me li chiede eseguo ritratti commissionati; ho realizzato anche nudi femminili, ho tenuto una personale ad Ottawa su invito del governo italiano, ma preferirei non vantarmi… Il disegno invece lo faccio da sempre e cominciai copiando molto Mario Uggeri (copertinista della Domenica del Corriere negli anni ’60), ma quando fui libero da condizionamenti editoriali, sviluppai quello stile (il tratteggio), privo di macchie nere, che ora più di qualcuno chiama, e non mi dispiace, “stile spirituale”».
Spiritualità (implicita) anche nei fumetti, alle volte inquietanti, realizzati negli ultimi trent’anni: Medium, Ken Parker, Sherlock Holmes, Julia, Tex?!
Spiritualità esplicita nell’esecuzione delle 14 stazioni (cm 40x50) d’una “Via Crucis” nella chiesa di Ponso (PD), nella rappresentazione del “Battesimo di Gesù” per il battistero della chiesa di Calaone (PD), nell’“Ultima Cena” per la chiesa “Il Cenacolo” di Merano e in tutte le chiese e per tutte le festività domenicali nel contenuto illustrato dal foglietto (da collezione) intitolato “La Domenica” (Ed. Paoline) che Trevisan disegnò, prima in bianco e nero e poi a colori, in alternanza col veronese Alfredo Brasioli, per trent’anni.
Per i ricercatori, altre collaborazioni più o meno spirituali dell’autore si possono trovare in “Pagine d’Ecologia” (rivista bolzanina dell’Assessorato Provinciale all’Istruzione), nei “Fatti del Giorno”, rubrica figurata di accadimenti settimanali per “Famiglia Cristiana”, in copertine per il “Messaggero di S. Antonio” e in diversi album a fumetti e libretti illustrati con vite di santi e beati (S. Leonardo Murialdo, S. Caterina da Siena, Beata Laura Vicuña…) per le ed. Messaggero di Padova, elle Di Ci, Éditions du Signe.
Una fonte di sorpresa per gli “spiritualisti” veneti, amanti dello stile di Trevisan, può essere la visita all’istituto Canossiane Santa Bakhita di Schio (VI), dove nell’annesso permanente museo dedicato alla santa, accanto alla chiesa con palmeti della Sacra Famiglia, giganteggiano (nel formato 1 m. x 70 cm.) sette suoi disegni tratti dal libro “Bakhita - Un canto di libertà” edito dalle stesse Figlie della Carità Canossiane. All’interno del museo, molto ben documentato e allestito, oltre a tre grandi quadri del pittore Bodoni di cui uno esposto in Piazza San Pietro a Roma nel giorno della santificazione, un altro documento che testimonia proprio per tutti, perché di facile lettura, l’abilità del disegnatore e la vita di tormenti e di speranza della santa.
Dell’album a fumetti “Bakhita - La schiava che incontrò Cristo”, non poteva che essere Giorgio Trevisan (l’iracondo che incontrò lo Spirito Santo) l’interprete migliore.
E lui aggiunge: «Ero anche un rassegnato, un perdente… ma ora dico che di ogni vostra preoccupazione se ne occupa Dio, lasciate che il malessere fisico diventi consolazione fisica, fatevi penetrare dallo spirito divino…».
Giorgio Trevisan era così.
Un invasato di divinità? No, con lui si poteva dialogare, interromperlo e contestare.
Un eremita lontano dalla realtà? No, a disposizione del mondo; riceveva visite di addolorati, telefonate di aiuto, “guariva” se poteva.
Un santone venerato? No, separato dalla moglie, tollerato dai cinque figli, vagamente sospettato dai più.
Un eretico? Lavorava con due, tre vangeli attorno; diventò il maggiore interprete (con pitture, illustrazioni, fumetti) di vite di santi; aggiungeva sempre nei suoi discorsi “Parola di Dio”. Un uomo felice?
«Il male viene dal mondo, ma Dio vive nella lode del suo popolo; io campo nel mondo, ma lodo Dio, vivo così.»
(Gabriele Scotolati)
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